La testimonianza di Sheraga, afgano, mi ha particolarmente toccato. Con un sorriso dolcissimo e una pace straordinaria ha raccontato della drammatica ricerca di un modo per vivere in Italia, dove si è rifugiato dalla persecuzione politica in atto nel suo Paese. Il COMI è stata la sua salvezza: ha trovato persone che l’hanno saputo ascoltare, accogliere, aiutare: si è finalmente trovato a casa.
Mi hanno impressionato anche le testimonianze delle ragazze che operano in Africa: generose, creative, felici di rendersi utili.
Mi ha colpito la calma di Josè, con in braccio uno dei bambini salvati dal progetto Saloé.
Così sabato scorso, all’incontro dell’organismo di volontariato COMI.
Ma queste immagini di luce mi lasciavano vedere, nell’ombra, le tragedie umane dell’Afghanistan in guerra, della povertà del Senegal e del Congo.
Le ombre si fanno ancora più buie di giorni in giorno, con le stragi per le strade di Stoccolma e nelle chiese dell’Egitto, le barbarie dell’Isis e i bombardamenti insensati di Russi e Americani, le follie del Nord Corea, insieme allo stillicidio delle cronache quotidiane, con ragazzi pestati dai coetanei, donne uccise da quelli che dicono di amarle… Che notte fonda.
Gesù l’ha penetrata fino in fondo questa notte di un’umanità sempre più impazzita: anche lui ucciso per blasfemia, come tanti cristiani di oggi, tradito, oggetto d’ingiustizie, percorse, sevizie, torture…
Questa Settimana santa, contemplando l’amore infinito di un Dio che ha accettato di condividere la nostra sorte, staremo attenti a quanto di brutto accade ogni giorno, pronti a riconoscere lì la sua presente: è sceso fino in quella strada dove un pirata travolge una donna e anche lui è scaraventato a terra e lasciato solo; è nella rissa davanti alla discoteca e anche lui è accoltellato; è nella città di Mosul e su di lui cadono le bombe; è a Kinshasa e si è ammalato fino a morire di fame… Gesù ha vissuto e vive il dramma di ogni persona umana che soffre, che è nel peccato. Tutto prende su di sé. A noi riconoscere, in tutti i crocifissi della storia, in tutti gli sconosciuti che ci capita di incontrare, il Dio vicino.
Impotenti, immersi in questa tenebra, anche noi come i delusi e scoraggiati discepoli di Emmaus, gli rivolgiamo la preghiera: “Resta con noi, Signore, perché si fa sera”. Sarà lui la nostra luce.
Nella notte di Pasqua seguiremo il cero, simbolo della sua luce, e ad esso accenderemo la nostra candelina per essere a nostra volta, luce per quanto incontreremo. Sheraga, l’afgano non si sentirà più solo, le donne di Kaffrine rispereranno e i bambini di Siloé avranno la speranza di diventare grandi.