La responsabilità del caos politico nel quale è piombata la Repubblica Democratica del Congo è dei politici ma anche della società civile, afferma una nota inviata all’Agenzia Fides dalla Commissione Giustizia e Pace dell’Arcidiocesi di Bukavu, nell’est del Paese.
Ricordando il caos seguito nel 1997 alla caduta del Presidente Mobutu, la nota afferma che “è stata la pressione della società civile a salvare lo Zaire di Mobutu e la Repubblica Democratica del Congo da un rischio reale d’implosione e di deriva dittatoriale”. Questo perché all’epoca “la società civile era composta da personalità capaci di costituire un contropiede agli attori politici. Potevano dare una parola d’ordine alla popolazione ed essere sicuri di venire seguiti”.
“Ora è tutto il contrario” dice Giustizia e Pace che lamenta la mancanza di leader credibili, visto che la maggior parte di questi sono giovani senza alcuna esperienza sul terreno, senza alcuna statura di leader, che “solcano i media improvvisandosi analisti politici e proponendo soluzioni impopolari come loro stessi”. Questo perché la scena sociale è stata abbandonata dai veri protagonisti che preferiscono cercare di spartirsi posti di potere senza interessarsi del bene della popolazione. “Senza organizzazioni di base solide con animatori impegnati per il cambiamento e il benessere del popolo è il caos. Si capisce perché i politici si permettono di tutto perché nessuno li preoccupa veramente”. L’apatia politica è tale – conclude la nota – che ormai “la politica non interessa nessuno, né la gestione della cosa pubblica interessa ai politicanti. Siamo tutti vittime, forse, ma siamo tutti colpevoli. Di fronte al futuro della nazione congolese abbiamo fallito tutti; gli uni attraverso le azioni, gli altri per omissione. Tutti noi dobbiamo guarire per risolvere il problema”.
La situazione nella Repubblica Democratica del Congo è precipitata a dicembre quando il presidente Kabila, a fine mandato, non ha lasciato il potere, impedendo le elezioni. Kabila non soltanto ha mantenuto la carica, ma ha tentato anche di cambiare la Costituzione ma non gli è stato possibile a causa delle manifestazioni e delle pressioni dall’estero. Tutto ciò ha provocato confusione a livello istituzionale.
Eppure la Chiesa si è impegnata per favorire una transizione pacifica. Il tentativo di mediazione dei vescovi cattolici tra governo e oppositori ha portato alla stipulazione degli accordi di San Silvestro, che prevedevano la creazione di un governo di unità nazionale che organizzasse entro l’anno le elezioni presidenziali e parlamentari.
I Vescovi della Repubblica Democratica del Congo si sono ritirati ( il 28 marzo) dalla mediazione deplorando che le discussioni che si tenevano presso il Centro Interdiocesano di Kinshasa non hanno raggiunto “un risultato soddisfacente per la popolazione” e denunciando “la mancanza di una sincera volontà politica e l’incapacità degli attori politici e sociali di trovare un compromesso”
Nel frattempo l’ONU ha votato il prolungamento di un altro anno del mandato della Missione ONU nella RDC (MONUSCO). Un comunicato dal CEPADHO, ONG umanitaria locale del Nord Kivu, ritiene che il contingente dei Caschi Blu della MONUSCO vada rimpatriato e che invece occorre potenziare la Forza d’Intervento Rapida, un’unità specializzata che si è dimostrata finora l’unica in grado di intervenire con efficacia per proteggere la popolazione locale dai circa 70 gruppi armati che operano in questa provincia nell’est del Paese.
C’è voglia di creare il caos perché non ci siano elezioni. In questi giorni ci sono attacchi contro le strutture della Chiesa: a Kinshasa, nel Kasai e anche a Lubumbashi. Chiese, seminari, scuole cattoliche sono stati colpiti da gruppi di giovani che accusano i vescovi di lasciare troppo tempo a Kabila e di non averlo spinto con forza a nominare il primo ministro. In realtà, sembra più un gioco orchestrato per creare uno stato di emergenza che non permetta di indire le elezioni.
C’è una responsabilità politica anche dietro a questi attacchi. I giovani che assaltano le chiese sono lasciati liberi di agire. Ed è strano, perché quando ci sono manifestazioni dell’opposizione la polizia interviene immediatamente.
Alcuni vescovi stanno invitando alla prudenza, perché la violenza potrebbe dilagare. È fomentata e, dunque, non è facile arginarla. Si vuole portare il Paese allo stato di emergenza.
Anche il Papa si è espresso durante l’Angelus “affinché si prendano decisioni adeguate e tempestive per soccorrere i nostri fratelli e sorelle” in Congo.