Da alcuni decenni esiste — ed è approvata — nella Chiesa una forma nuova di consacrazione a Dio: gli Istituti Secolari. Essi si distinguono da tutte le forme di vita consacrata, perché per i loro membri rimanere nel “secolo”, cioè in pieno mondo, senza obbligo di vita comune, laici tra i laici, è elemento essenziale e determinante della loro vocazione, al pari della consacrazione a Dio.
Una forma di consacrazione a Dio vissuta nel mondo, nella propria famiglia, ci fu anche nei primissimi secoli dell’era cristiana: era la verginità consacrata o il celibato per il Regno, in conformità ad un’osservanza integrale del Vangelo. Tra i cristiani isolati e sparsi in una società ancora in buona parte pagana, queste vocazioni ad una consacrazione a Dio vissuta in pieno mondo fiorivano come seme di rinnovamento e lievito nascosto nella massa. Nel 19° secolo si ebbero i primi tentativi di vere e proprie associazioni di laici consacrati a Dio; e anche i primi interventi della Chiesa, precisamente con il Decreto Ecclesia Cattolica, emesso dalla Sacra Congregazione dei Vescovi e dei Regolari, e confermato il giorno11 agosto 1889 da Leone XIII. In esso si davano norme per l’approvazione d’organismi i cui membri rimanevano nel mondo e non portavano un abito che li distinguesse dagli altri laici. Si stabiliva che essi dovessero essere approvati come pie associazioni sotto la giurisdizione del proprio Vescovo. Fu un piccolo passo avanti, se si pensa che da più di mille anni non si concepiva una consacrazione a Dio riconosciuta dalla Chiesa se non congiunta con la separazione dall’ambito familiare, professionale, sociale. In Italia il sorgere, tra la fine del 19° secolo e gli inizi del 20°, di un forte movimento del laicato militante nelle file dell’Azione Cattolica, ebbe molta influenza nella preparazione di tempre robuste di donne e d’uomini che si sarebbero impegnati nell’apostolato religioso e sociale che i tempi richiedevano. Proprio questo nuovo impegno del laicato, insieme con una più autentica formazione cristiana, suscitò in alcuni laici il desiderio di una donazione completa. Così cominciava a profilarsi l’ideale: consacrarsi a Dio rimanendo nel mondo ad operare nell’interno di esso per l’avvento del Regno di Cristo. Quello che oggi è chiamato il “carisma degli Istituti Secolari” — consacrazione a Dio, secolarità, apostolato — si delineava già chiaramente. Le difficoltà insite in questi primi tentativi erano molte e gravi: ardito e quasi rivoluzionario appariva soprattutto il proposito di conciliare la consacrazione a Dio con la condizione di laici viventi nel mondo: i due termini laicità — consacrazione parevano escludersi a vicenda. Intanto nuovi movimenti nascevano un po’ dappertutto nel mondo, e i primi contatti, i primi scambi d’esperienze confermavano che la via era buona e rispondeva ai bisogni dei tempi.
Nel maggio del 1938, con l’autorizzazione di Pio XI, si tenne a San Gallo, in Svizzera, un Convegno a cui intervennero fondatori e dirigenti di venti Sodalizi di laici consacrati a Dio di diversi paesi. Essi costatarono con gioia la fondamentale identità delle loro aspirazioni, e si accordarono per chiedere alla Santa Sede il riconoscimento di queste associazioni di laici. Stesa una Memoria Storico — giuridico — canonica sulle Associazioni di laici consacrati a Dio nel mondo, fu mandata, nel 1939, al Santo Padre Pio XII, alla Congregazione del Concilio e ai Cardinali. Ma nel novembre dello stesso anno venne dal Santo Uffizio l’ordine di ritirarla. Dopo quest’intervento, la situazione dei movimenti di laici che, nella Chiesa, volevano una consacrazione per l’apostolato, restava oltremodo incerta e confusa. Si era ritornati in pratica sulla linea del Decreto Ecclesia Cattolica del 1889, con qualche lieve ritocco soltanto.
Che fosse una situazione interlocutoria fu chiaro quando, nel marzo del 1947, fu promulgata la Costituzione apostolica Provida Mater Ecclesia (con data 2 febbraio 1947, festa della Purificazione). In essa si traccia anzitutto sinteticamente una storia degli “stati di perfezione”, dagli Ordini Religiosi alle Congregazioni e alle Società di vita comune. Come ultima tappa s’inseriscono le nuove istituzioni di laici (e di sacerdoti regolari) consacrati a Dio, alle quali si attribuisce il nome di “Istituti Secolari”. Era un passo decisivo, una conquista che dava un fondamento giuridico e un posto nella Chiesa alla nuova forma di vita consacrata in pieno mondo. Non mancarono, però, delle perplessità e resistenze a questo documento che non soddisfaceva il sentire più profondo dei laici consacrati nel mondo poiché si presentava l’apostolato come una supplenza di quello religioso e sacerdotale, mentre dell’azione specifica del laico secolare nel proprio ambiente sociale e professionale, e della sua responsabilità personale non si diceva nulla. Il 12 marzo 1948 Pio XII emanò il Motu proprio Primo feliciter, che non solo chiariva la Provida Mater, ma su alcuni punti offriva la chiave per la sua retta interpretazione. Se la Provida Mater offre il fondamento giuridico degli Istituti Secolari, il Primo Feliciter esprime la vita dei loro membri. Qualche giorno dopo fu emanato il decreto Cum Sanctissimus della Sacra Congregazione dei Religiosi, che è una specie di commentario ufficiale delle direttive riguardanti gli Istituti Secolari. Cadute difficoltà e resistenze ebbe inizio un momento d’intensa vitalità creativa di forme rispondenti alla nuova vocazione.
Le idee non erano ancora chiare. Si facevano dei passi in avanti, poi si sostava, poi anche si retrocedeva, tentando un’interpretazione esatta del concetto di secolarità. Infatti, nonostante le affermazioni dei documenti ufficiali, si trovava difficoltà a conciliare una secolarità piena con una piena consacrazione, anche per la tendenza, propria degli ecclesiastici e dei religiosi, a identificare la condizione secolare con lo stato matrimoniale e la consacrazione a Dio mediante i consigli evangelici con la vita religiosa.
C’è voluto il Concilio Vaticano II per affermare esplicitamente alcuni principi in cui si trovano le motivazioni più profonde e valide della vocazione dei laici consacrati a Dio nel mondo, tra l’altro: il riconoscimento della dignità e dell’autonomia della “città terrena” (GS 34 e 43); la dignità dei laici e la loro missione nel mondo (LG 31-38, 41); la vocazione alla santità per tutti gli uomini (LG 39-42); una visione unitaria e grandiosa dell’universo creato e della storia umana ricapitolata in Cristo (GS 45). Sono i concetti che stanno alla base d’ogni consacrazione nel mondo: sentirli proclamare da fonte così autorevole fu per gli Istituti secolari una conferma della validità della loro vocazione. E’ nel decreto conciliare Perfectae caritatis all’articolo 11 che è trattato in modo specifico il tema degli Istituti secolari. Esso contiene quanto basta a definirne le caratteristiche essenziali: “non sono religiosi”; comportano una “vera e completa professione dei consigli evangelici nel mondo”; questa professione “conferisce una consacrazione”; la secolarità è il “carattere proprio e peculiare” di questi Istituti. Intanto gli Istituti Secolari, cresciuti di numero, sentivano il bisogno d’incontrarsi e di scambiarsi le idee. Così dopo due anni di preparazione, nel 1970, dal 20 al 26 settembre, ebbe luogo a Roma il primo congresso internazionale degli Istituti secolari a cui parteciparono esponenti di 92 Istituti. Vi emersero i punti comuni e le comuni aspirazioni, ma anche le diverse posizioni degli Istituti stessi. Pur ritenendo che la secolarità sia prima di tutto un atteggiamento interiore nei riguardi del mondo, per alcuni Istituti esso si traduce in un insieme di condizioni di vita che non distingue il membro dell’Istituto dagli altri laici, che non offre vita in comune, che non ha opere proprie e di conseguenza mantiene il riserbo sui nomi dei propri membri. Altri Istituti, invece, hanno vita in comune, e opere proprie con una formazione specifica. In questo caso il riserbo non ha ragione di essere. Tra questi due estremi vi è un’ampia gamma di sfumature. Una varietà tanto grande dimostra la potenza dello Spirito che ha suscitato tale rigogliosa fioritura di forme, affini ma differenti, di consacrazione secolare, rispondenti ai molteplici bisogni del nostro tempo.
A seguito del congresso del 1970 si è costituita la Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari (CMIS); e via via hanno iniziato la loro attività le conferenze nazionali (per l’Italia, la Conferenza Italiana Istituti Secolari — CIIS) col fine di promuovere una comune riflessione e un aiuto reciproco.