Blissful Paul

Attraversato il ponte “Beato Mario Borzaga”, qualche passo ancora su via Vicenza, ecco che al 70 di via Gorizia appare un’abitazione garbata, dall’intonaco color tortora e rosse finestre, rosse le fiammelle sui davanzali esterni, rosse come il martirio di Mario, uomo felice, che dal cielo ci partecipa la sua gioia: sono beato! E’ casa Borzaga.

Qui tutti abbiam fatto sosta, rapiti dallo sguardo compostamente giubilante di Lucia unica “reliquia vivente” del beato Mario, sua sorella nel sangue, prima che nella intimità spirituale e nel carisma di sant’Eugenio. Nella presenza di Lucia suona dolce il mistero di una sobrietà che compiace.

Sono passati 57 anni da quei tragici giorni di fine aprile ’60, quando si persero per sempre, nel Laos, le tracce di padre Mario, sacerdote missionario italiano.

Quanti amici e devoti, commossi e felici, hanno fatto compagnia a Lucia durante questi giorni di festa per la Diocesi di Trento e per l’intera Famiglia Oblata. Il dolore di quella giovane ventiquattrenne, derubata del suo amato fratello, ha generato nel tempo questo stuolo immenso di innamorati di padre Mario.

Quante presenze, quanto calore.

mario+xyoojUn solo piccolo uomo, invece, provò a riscaldare la gelida notte del martirio di Mario: il catechista diciannovenne Paolo Thoj Xyooj, che mentre lo accompagnava in quel percorso, messo davanti alla possibilità di fuggire e salvarsi, disse di no: scelse di Amare. “Non vado via, resto con lui. Se lo uccidete, uccidete anche me. Morto lui, morirò anch’io. Vivo lui, vivrò anch’io.” Sono parole che interrogano e scavano dentro, nella mediocrità di un’anima come la mia che troppo spesso si arena di fronte alla difficoltà dell’amore. Esse sono l’esatto compimento di quel progetto d’amore di cui Gesù ci fece dono poco dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli: “Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici se fate ciò che io vi comando” (Gv 15, 13-14). Mentre per padre Mario si compiva il tempo per essere santo… il tempo atroce di mantenere le sue promesse (v. Diario, 27 agosto 1958), nell’umiltà che già prima del martirio lo rese beato, egli ha sentito nelle parole del giovanissimo Paolo la presenza di Gesù in persona, lì accanto a sé. Da quell’istante in poi Mario non soffrì più alcuna solitudine, neanche in quella fossa che scavarono con le loro stesse mani e mai più ritrovata, dove il suo corpo, in attesa della gloria eterna, giace con quello di Paolo Thoj Xyooj, né sacerdote, né sposo, né padre, ma semplice laico battezzato, figlio di Dio.

Una giovane hmong di Luang Prabang, convertitasi dopo le catechesi del ragazzino Paolo Thoj Xyooj, dà questa testimonianza: “Xyooj fece un lavoro fantastico che nessuno era stato capace di fare come lui… Quel che è successo in due o tre giorni è inspiegabile: il nostro cuore ardeva fino alla commozione; mai avevamo sentito qualcuno parlare come lui”. Questa testimonianza mi rimanda nuovamente a una pagina giovannea, quando quelle guardie inviate dai capi dei sacerdoti e dai farisei, incantate anch’esse dalla predicazione di Gesù, non avendo avuto il coraggio di arrestarlo, si giustificarono dicendo: “Mai un uomo ha parlato così” (cfr. Gv 7, 44-46). Allo stesso modo Paolo Thoj Xyooj con la Sapienza che è dono di Gesù al mondo nella Pentecoste, conquistò tanti cuori all’amore di Gesù e alla Chiesa.

Prima di partire, quel 25 aprile del 1960, scrisse: “Vado ad insegnare la dottrina del cielo…”, e la dottrina del cielo che è dottrina d’amore fino a dare la vita per i propri amici, la insegna oggi anche a noi. Martire, fucilato, dà la vita per il suo amico padre Mario Borzaga, Oblato di Maria Immacolata, e facendo ciò che Gesù ci comanda, il beato Paolo Thoj Xyooj è il primo martire laico della Famiglia Oblata.

Chiara Brando

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