Consacrata laica e da alcuni anni insegnante in carcere, come cerco di coniugare l’ardore missionario e la professione?
Nelle stanze delle varie sezioni del carcere in cui lavoro, incontro tutti i giorni persone provenienti da ogni parte del mondo con situazioni più disparate. Le provenienze geografiche, l’estrazione sociale, l’età, le tipologie caratteriali, i percorsi scolastici, i livelli culturali, le competenze, i reati commessi sono incredibilmente disomogenei.
Come consacrata e come insegnante non posso non trovare un comune denominatore. Quale?
Ognuno è una persona e solo perché persona gli è dovuto il riconoscimento della dignità, solo perché persona gli è già stata riconosciuta la misericordia di Dio.
Il Papa, celebrando il Giubileo dei carcerati, aveva affermato: «non esiste luogo nel nostro cuore che non possa essere raggiunto dall’amore di Dio. Dove c’è una persona che ha sbagliato, là si fa ancora più presente la misericordia del Padre, per suscitare pentimento, perdono, riconciliazione, pace».
Secondo la nostra Costituzione italiana “La scuola è aperta a tutti” (art. 34); per l’art. 3 “Tutti … hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzioni di… condizioni personali…” (di detenuto); “La Repubblica… garantisce i diritti inviolabili dell’uomo… nelle formazioni sociali (il carcere) ove si svolge la sua personalità” (art. 2).
Per me in ogni uomo c’è la presenza di Dio. Da quando ho conosciuto il carisma di S. Eugenio ho sempre avvertito l’incontro con ogni fratello come l’incontro privilegiato con Dio, come quando si riceve l’Eucarestia sul palmo della mano e si fa estrema attenzione a non disperderne nemmeno un frammento. Come si diventa una cosa sola con Gesù nell’Eucarestia, così posso diventare una cosa sola con Gesù in ogni fratello, anche in un luogo di libertà negata: povera con i poveri, emarginata con gli emarginati. Proprio come S. Eugenio, che iniziò nel 1813 il suo ministero come cappellano della prigione di Aix in Provenza e si prese talmente cura dei detenuti da contrarre il tifo.
Ecco, è questa la coniugazione che, ogni giorno unifica e fa straordinaria la mia vita.
Annamaria G.
Annamaria, grazie ! Il dono di te ai carcerati è la prova più alta e concreta di come Dio li ama ! Mi fai gioire della mia vocazione , Pina