L’organismo COMI – Cooperazione per il mondo in via di sviluppo, nell’ambito della campagna per sostenere la firma del 5×1000 a favore della ONG presenta delle piccole storie dai luoghi dove sono in corso gli interventi di aiuto e cooperazione.
Questa settimana sul sito dell’organismo e sui suoi social viene presentata il racconto di Josée, la sorella COMI della Repubblica Democratica del Congo.
Lo proponiamo anche qui.
Le situazioni difficili sono la normalità al Centro di Salute Siloe. I locali sono sempre affollati di mamme e di bambini che aspettano di essere ricevuti dal personale.
Josée è la responsabile delle azioni rivolte ai malnutriti. “Avrei davvero tantissime cose da raccontarvi perché ogni giorno si presentano casi di ogni genere“ sospira mentre fa accomodare una donna col pancione e bimbo al collo.
Poi prosegue: “Nsimba, ad esempio è nato da un parto gemellare ma suo fratello non ce l’ha fatta e lui è l’unico ad essere sopravvissuto. La mamma lo ha lasciato ed ora è la nonna che se ne prende cura.. “
Tra una visita e l’altra continua il suo racconto: “Quando è arrivato al Centro, quattro mesi fa, era in condizioni disastrose ma grazie alle cure sta recuperando pian piano la salute. Sono certa che presto lo vedrò riprendersi, come è capitato ad altri bimbi passati di qua …”
Dalla sua costituzione, nel 2002, il centro Siloe è stato la risposta giusta per le persone del quartiere Selembao Bumbu; le tariffe contenute consentono l’accesso alla salute ai residenti e anche a chi, avendone sentito parlare, viene da altre zone della città, per un totale di circa 6000 persone che usufruiscono di azioni di prevenzione e cure mediche. Le Cooperatrici Oblate Missionarie dell’Immacolata che lo gestiscono hanno da sempre puntato l’attenzione sulle donne col risultato di coinvolgere quelle del quartiere in un servizio di volontariato che usa il ritmo e il canto in coro per far memorizzare alle mamme le nozioni di base utili a salvaguardare il proprio stato di salute e quello dei propri bambini. Un piccolo stratagemma che consente ad almeno 150 persone all’anno di lasciarsi la malnutrizione dietro le spalle.