Quando è stato proposto il pellegrinaggio a Firenze, dal 2 al 4 febbraio, l’ho accolto più con spirito di obbedienza che con entusiasmo. Mi sembrava di intravedere delle difficoltà di tipo concreto e questo aveva abbassato notevolmente la mia capacità di adesione affettiva. Strada facendo, a queste perplessità si sono aggiunti altri elementi che mettevano ancora di più in dubbio la mia partecipazione, ma poi mi son detta che, se la Madonna voleva che andassi da lei, avrebbe appianato la strada e mi avrebbe permesso di fare un pellegrinaggio autentico, seminato di un po’ di sacrificio. E così è stato. Nonostante si andasse in pullman avevo l’impressione di dover percorrere una strada in salita, con un po’ di affanno, ma potevo fidarmi della presenza di Dio e delle mie sorelle.
Per noi tutte era un ritorno alle origini, ai primi vagiti della vita dell’Istituto, non tanto per un ricordo nostalgico, quanto piuttosto per ritrovare e riaccendere lo spirito che aveva animato p. Liuzzo e le prime sorelle, per lasciarsi dire dalla Madonna come ci vuole, per essere presenza sua nel mondo di oggi.
Sì, perché la basilica dell’Annunziata a Firenze è il luogo in cui è stato pronunciato il primo Si di quelle giovani che diventavano l’espressione di un progetto di Dio che si andava delineando e che nel tempo sarebbe diventato l’Istituto Comi.
Due giorni e mezzo non son tanti, se poi si tolgono le ore passate in viaggio non resta molto, ma a volte il poco può essere colmato dall’intensità e dall’essenziale.
Ciò che resta nel cuore è la messa all’Annunziata, il sentire che lì c’eravamo tutte, anche le sorelle dell’oasi celeste. È stato un cogliere nuovo che il cammino intrapreso nel 1951 ha avuto momenti di luce e di buio, di fatica e di coraggio, e naturalmente è nato nel cuore il grazie a Dio per la sua fedeltà, a Maria che non ci ha mai abbandonate, a p. Liuzzo e alle sorelle per la loro perseveranza.
Ho letto una frase che mi ha colpito e che mi sembrava si potesse applicare al nostro cammino non sempre pianeggiante :
“La bellezza di un giardino o di un frutteto è dato dall’avvicendarsi di morti e rinascite. Una pianta, per portare buoni frutti, deve esporsi al vento e accogliere tra i suoi rami le api che spargono i suoi pollini generando nuova vita: è la legge della natura ma anche di tutto ciò che nasce dagli ideali dell’uomo… “
Cosa è importante fare? Ogni giorno, nel mio cammino di Comi, posso riappropriarmi delle mie origini in una prospettiva di crescita, di fedeltà creativa.
Antonietta, Comi