Paola ed Enza. Due vocazioni dagli estremi orientali della nostra Italia: Trieste e Capo di Leuca. Origini lontane tra loro ma molto vicine nella condivisione del carisma.
Hanno voluto raccontare la loro esperienza vocazionale dopo la celebrazione dei voti perpetui dove hanno detto il loro SI! definitivo.
Per sempre appunto.
Mi chiamo Paola, sono nata a Bari, dove ho vissuto sino alle scuole mede e poi mi son trasferita con tutta la famiglia a Trieste, dove ho continuato gli studi e mi sono laureata in ingegneria. Lavoro in uno studio di ingegneria ambientale, mi occupo di cave. Mi piace questo tipo di lavoro, mi fa entrare in un mondo particolare con caratteristiche tutte sue, mi permette di mettere a profitto ciò che ho appreso negli studi. Ho anche un secondo lavoro: insegno religione, quest’anno ho conseguito la specialistica e passerò dall’insegnamento alle scuole elementari a quello alle superiori. Per una consacrata secolare il lavoro è importante, diventa il primo campo in cui testimoniare la propria fede. A volte può non essere proprio semplice, ma questa vocazione ti porta a scegliere alcuni valori, come la competenza, la serietà, la giustizia, l’onestà come pilastri del tuo lavoro. Poi c’è il rapporto con la gente, per me nella scuola è lo stare con i ragazzi e con i giovani, che è essenziale.
Come è nata la mia vocazione Comi? Bisogna andare un po’ indietro nel tempo…
Mio fratello era andato a Loreto dove aveva conosciuto gli Omi, e tornando non smetteva di parlare di loro e in tanti modi e per tanto tempo ha cercato di invitarmi ad andare con lui … per sfinimento ho accettato di partecipare ad un incontro. Da quel momento ho iniziato ad andare su e giù da Loreto, ogni occasione era buona per andare in comunità dai padri. Mi attirava il loro modo di far famiglia, il rapporto che stabilivano con i giovani. Quando gli Omi sono andati via da Loreto per me è stato un dramma. Ho chiesto a p. Francesco “e io dove vado ora?” e lui mi ha consigliato di partecipare ad un campeggio che le Comi avrebbero tenuto a Marino. Mi ha detto “Vai e vedi se trovi la stessa aria”. Ci sono andata e lì ho trovato la stessa aria, mi sentivo a mio agio; poi ho fatto il cammino A Passo di donna nel 2006, in seguito ho partecipato al viaggio missionario in Romania, insieme ad altre ragazze. Intanto mantenevo i rapporti e stavolta andavo su e giù da Firenze, e man mano che partecipavo agli incontri, anche se le facce cambiavano, io avevo sempre la stessa sensazione di essere in famiglia. Agli inizi non pensavo alla consacrazione, ma poi ho sentito che Dio mi chiamava e mi son decisa a iniziare la formazione nel 2009. Mi attirava l’attenzione che le Comi avevano per i giovani, il loro modo di essere delle persone normali, che condividevano la vita delle altre donne nel mondo del lavoro ma con un qualcosa di specifico che era la consacrazione. Ora io cerco di vivere questo nel mio impegno professionale e anche in parrocchia, dove seguo i giovani dai 14 ai 19 anni, inoltre faccio parte del Centro Missionario diocesano.
In questi anni è cresciuta l’appartenenza a Dio attraverso l’Istituto. Questo cammino è stato caratterizzato dalla relazione con le persone che ho intorno, dal mio stare nel mondo. Sempre più capisco che è Dio che mi ha portata nell’Istituto e mi ha accompagnato con fedeltà. La certezza viene da Lui.
E finalmente sono arrivata alla oblazione perpetua. Ho aspettato cinque anni questo momento! Man mano che si avvicinava l’ora della celebrazione, cresceva la mia agitazione: sarò sempre all’altezza di questo si?! Iniziata la celebrazione, tutto è cambiato. L’agitazione è sparita e ho vissuto tutto con una naturalezza, che ha sorpreso anche me. Mi sono sentita pienamente al posto giusto nel momento giusto e nella famiglia giusta! Stavo vivendo ciò che Dio ha pensato per me. Mi sono sentita davvero me stessa! Vivere tutto questo con Enza, poi è un dono perché fare la strada insieme ha sempre un valore diverso, bellissimo.
Sono Enza, sono nata ed abito a Supersano, in provincia di Lecce, nella diocesi di S. Maria di Leuca. Il mio paese è vicino ad Alessano, dove è sepolto don Tonino Bello: lo sottolineo perché la sua è per tutti noi una presenza importante.
Ho lavorato per tanto tempo nel calzaturificio di mio fratello, poi, cinque anni fa, con mia sorella ci siamo lanciate in un’avventura. Abbiamo aperto una scuola materna paritaria ed io mi occupo della gestione e della contabilità, ma poi sono anche un po’ tuttofare perché aiuto le maestre se c’è bisogno. Per me è bellissimo stare con i bambini, i nostri vanno dai due a sei anni. Ho messo all’entrata della scuola, accanto all’immagine di Maria quella di Gesù bambino, non solo per i bimbi ma anche per me, così, quando qualche volta mi sento stanca o prossima a perdere la pazienza, lo guardo e mi dico : Se ci fosse Lui cosa faresti? Poi ci sono le famiglie: anche con loro a volte si stabilisce un bel rapporto, prolungato, perché dopo i primi ci sono i secondi figli che portano da noi e si collabora per tanti anni. A volte le famiglie sono un po’ complicate e per stabilire una relazione di fiducia occorre tanta pazienza e tanto amore. È una bella sfida.
La vocazione è arrivata un po’ di soppiatto. Attraversavo un momento particolare della mia vita, ero presa da tanti dubbi e cercavo di capire cosa Dio voleva da me. Ero stata fidanzata, pensavo fosse la mia strada, ma quella esperienza non era andata a buon fine e mi chiedevo se non ci fosse altro. Sentivo il desiderio di impegnarmi soprattutto verso gli ultimi, desideravo avere un impegno concreto, forse anche occuparmi di una casa famiglia. Sono andata dal mio parroco, ho parlato con lui e sono stata indirizzata da Michele, che con la moglie ha una casa famiglia da molti anni. Conoscevo Michele ma non in profondità; gli ho chiesto se poteva darmi dei consigli e lui mi ha fatto incontrare un sacerdote che a Lecce coordinava e si occupava della formazione dei responsabili delle case famiglie. Da quell’incontro è nata la proposta di fare un percorso di formazione per un anno, per capire. Andando con Michele ogni volta a questi incontri ho saputo che è un Ausiliario delle Comi. Una volta, mentre eravamo in macchina gli ho chiesto “E se diventassi una missionaria?”. Mi ha preso sul serio e mi ha messo in contatto con Ada, una Comi che abita a Castrignano, nella mia diocesi. Ada mi ha invitato a partecipare al “Passo di donna” nel 2007 e dopo, in estate, ho condiviso con altre giovani l’esperienza del viaggio missionario in Romania. Nel 2008 sono andata in Burundi con Michele e da lì abbiamo fatto tappa a Kinshasa, dove ho trovato Antonietta, Giovanna e le altre Comi del luogo. Ho visto il lavoro che si faceva a Siloe, la concretezza del loro servizio con i bambini malnutriti e con i poveri, e questo mi ha confermata ancora di più nel mio orientamento vocazionale. Quando ho sentito che per un membro di Istituto Secolare la casa è il mondo e ho visto nelle Comi l’accoglienza verso tutti e lo stare tra gli altri in semplicità, ho capito che era la mia strada. Ho trovato nel loro modo di vivere una concretezza che si adatta a me. Più le conoscevo, più mi piaceva questo modo di vivere. Così nel 2009 ho iniziato la formazione nell’Istituto La mia missionarietà la esprimo nella parrocchia, sono una delle responsabili del gruppo Caritas e seguo le famiglie che hanno bisogni particolari, in questo sono aiutata dalla zia che mi accompagna e mi supporta nel mio impegno
Dio mi si è manifestato sia nella mia vita che nel mio lavoro, perché le due avventure sono iniziate insieme, e credo non a caso. In entrambi i casi mi sono affidata a Lui, in Lui ho riposto la mia fiducia. È ovvio che il rapporto con Lui è caratterizzato da tanti momenti che legati insieme fanno l’unità della mia vita. Spesso chiacchiero con lui, anche davanti al mare, lo sento particolarmente vicino e durante la giornata è un confronto continuo con Lui.
Non vedevo l’ora che arrivasse il 4 agosto per poter finalmente confermare la mia appartenenza definitiva all’Istituto e alla Chiesa. Ho vissuto la celebrazione con tanta serenità, anche perché ero circondata dalla mia famiglia naturale. Sinceramente non pensavo che i miei si sarebbero mossi in tanti per la distanza e anche per gli impegni professionali o di studio di alcuni; i miei nipoti erano appena rientrati dall’università a Torino per il meritato riposo e si son rimessi subito in viaggio. Questo mi ha fatto piacere. Poi c’era la mia famiglia spirituale che si è tanto impegnata a preparare una bella liturgia per cui mi sentivo tranquilla e mi son goduto ogni momento della festa. C’erano gli Ausiliari di Roma, c’erano alcuni Omi… Sono state presenti anche le Comi di Kinshasa, di Montevideo e di Buenos Aires; erano lì e per me è stata una gioia poterle far conoscere ai mei famigliari, perché potevano vedere l’Istituto in tutte le sue dimensioni. Sento che quel giorno per me è stata la concretizzazione di un passo del vangelo che ho visto scritto su una stele nella basilica di santa Prisca. “Stringendovi a Lui, pietra viva, rigettata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pt 2,4-5)