Beato chi resiste alla tentazione

DSCN9363aQuando salgo su un aereo sono contento di sapere che il pilota è una persona “provata”. Se compro un comune utensile domestico vorrei che fosse “testato”. Mi sento rassicurato nel sapere che il medico che dovrà operarmi è “pratico” (per aver sostenuto la prova). Bastano questi semplici esempi per farci capire quanto sia importante la “prova”, in tutti i campi, compreso quello della fede e della vita spirituale. Che Dio ci renda persone provate! Ma per questo deve pur metterci alla prova, deve educarci. Anche il professore a scuola sottopone gli studenti alle prove di esame. A volte le prove della vita, come quella di scuola, possono essere dure, e ancora di più possono esserlo quelle della fede e della fedeltà al Vangelo, un autentico combattimento, come ricorda spesso san Paolo. Gesù stesso è stato messo alla prova (tentato) in ogni cosa, accetto il peccato, perché diventasse “provato”, “perfezionato”, “perfetto”, uno che di prove e tentazioni se ne intende, che le ha attraversate tra «forti grida e lacrime», superandole, in modo da poter aiutare gli altri a superarle, divenendo «causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5, 7-10).

Anche noi dobbiamo attraversare “le prove della vita”. I genitori farebbero di tutto per risparmiarle ai figli, ma senza di esse questi verrebbero su viziati, incapaci di affrontare le situazioni sempre nuove e a volte difficili del vivere umano.

Anche nel cammino spirituale ci troviamo davanti alle prove, spesso vere e proprie tentazioni, che si presentano sotto i volti più vari: perché continuare ad andare sempre controcorrente? Non sarebbe meglio una volta tanto mollare tutto e fare come fanno tutti? Perché non ribellarsi quando non ne possiamo più? Perché non vendicarsi? Dietro ogni tentazione c’è il diavolo, che ha dichiarato guerra all’umanità sperando, attraverso di essa, di colpire Dio, con il quale ce l’ha a morte.

A volte, come nel caso di Giobbe, Dio sembra lasciare carta libera al diavolo, anzi sembra che sia lui stesso a “indurci in tentazione”, come diciamo nel Padre nostro. “Tentazione”: in greco, la lingua dei Vangeli, è detto peirasmón, una parola che può essere tradotta con “prova”. Mettere alla prova è un’azione propria di Dio. Egli mette alla prova Abramo per saggiarne la fede, mette alla prova il popolo nella sua traversata del deserto per educarlo.

Anche quando ci sentiamo soli davanti alla tentazione, quasi che Dio ci abbia lasciato in mano al diavolo, sappiamo che ci sta accanto, che segue quanto ci sta accadendo e che pone delle restrizioni a Satana (cf. Gb 2, 6). Rivolgendosi ai cristiani di Corinto Paolo li rassicura: «Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via di uscirne» (1 Cor 10, 13).

Bella la preghiera che Benedetto XVI ha rivolto a Dio, parafrasando il Padre nostro: «So che ho bisogno di prove affinché la mia natura si purifichi. Se tu decidi di sottopormi a queste prove, se – come nel caso di Giobbe – dai un po’ di mano libera al Maligno, allora pensa, per favore, alla misura limitata delle mie forze. Non credermi troppo capace. Non tracciare troppo ampi i confini entro i quali possa essere tentato, e siimi vicino con la tua mano protettrice quando la prova diventa troppo ardua per me» (Gesù di Nazaret, 2007, p. 195).

Ed ecco allora, anche per chi è tentato, una beatitudine, questa volta trasmessa dall’apostolo Giacomo: «Beato l’uomo che resiste alla tentazione perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promesso a quelli che lo amano» (1, 12).

Ha aperto la sua lettera con le parole: «Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove» (1, 2). È un invito a vivere nella gioia le prove/tentazioni che si abbattono giorno per giorno. È un paradosso! Vengo bastonato e questo devo prenderlo come un invito alla gioia? Sì, perché è un modo per condividere la vita di Gesù, come lui ha condiviso la nostra; è diventare un po’ come lui, che è stato tentato e “le ha passate tutte”; è vivere con lui ogni evento della nostra vita; è la verifica della nostra fede, il nostro modo per essere diventare fedeli.

Si è beati se si rimane fedeli, resistendo al male e alla tentazione, se si va avanti nonostante tutto, se non ci si stanca mai di amare.

La ricompensa è una “corona”, espressione che fa venire in mente il re, i vincitori delle gare; una immagine che simboleggia successo, gioia, festa. Non una corona qualsiasi, ma la “corona della vita”, parola che porta in sé la pienezza del Cielo.

Anche questa una beatitudine legata a una promessa, è frutto dell’amore nostro per Dio e dona l’amore di Dio.

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