è il Tema della giornata Missionaria Mondiale 2021.
È la Parola che viene consegnata alla nostra riflessione e alla nostra preghiera, in un momento storico non facile, che, come dice il Papa nel suo messaggio “ha evidenziato e amplificato il dolore, la solitudine, la povertà e le ingiustizie di cui già tanti soffrivano e ha smascherato le nostre false sicurezze e le frammentazioni e polarizzazioni che silenziosamente ci lacerano”.
Siamo invitati ad essere testimoni e profeti, a saper guardare il mondo e a leggere gli avvenimenti con lo sguardo di Gesù, ad essere segno di speranza. E possono scaturirne alcune domande : Cosa testimoniamo al mondo noi che crediamo in Gesù di Nazareth? Qual è il centro della nostra vita di consacrati e missionari? Qual è la profezia decisiva del nostro essere uomini e donne della Chiesa di Cristo?
L’esperienza che segue è una risposta, quella che una piccola comunità di Missionari Oblati di Maria Immacolata sta vivendo nel deserto del Sahara, condivisa attraverso la testimonianza di p. Chicho Rois, OMI.
“La Chiesa ci ha affidato la missione nella parte più occidentale del deserto del Sahara, un vasto territorio (più della metà dell’Italia) tra due immensità: il deserto e l’oceano. Qui il 100% della popolazione locale è musulmana. I cristiani sono pochi, e di passaggio, per poco tempo: alcuni lavoratori temporanei e migranti in viaggio per realizzare il loro sogno di raggiungere l’Europa. Le Chiese nordafricane si definiscono come una delle “periferie” della Chiesa. Possiamo dire che noi siamo la periferia di questa periferia. A parte i quattro Oblati di Maria Immacolata, non ci sono altre congregazioni religiose, nessun clero diocesano, nessun movimento apostolico, ….. Ci sono leggi contro il proselitismo e l’azione della Chiesa ha delle limitazioni per varie ragioni. Alcuni ci hanno chiesto: “Cosa ci fate voi quattro missionari persi nel deserto? ”
Nel deserto Dio ci parla dell’amore. È vero che viviamo in città (El Aaiún e Dakhla), ma è anche vero che per “andare nel deserto” basta camminare qualche minuto. Inoltre, il deserto entra dalle nostre porte e finestre con il suo vento, la polvere, la sabbia… Con gli amici musulmani andiamo nell’interno, nel deserto puro, che non è l’immagine romantica di dune dorate che abbiamo in testa. Il deserto è anche roccia, pietra, polvere, vuoto… È un luogo dove tutto ci chiama all’essenziale della vita. Ed è lì che molti profeti e popoli hanno trovato un luogo di prova ma soprattutto un luogo dove Dio manifesta il suo amore. Siamo nel deserto perché Dio ci ama e perché ci chiama ad essere un segno di questo amore che ha per tutti gli abitanti del deserto. Impariamo molte cose da loro: ospitalità, accoglienza gratuita, vita semplice e povera.
Siamo pellegrini che pregano con un popolo che prega: camminiamo con altri credenti di diverse confessioni religiose. Tutti preghiamo l’unico e solo Dio, tutti crediamo che ci guida nella vita e che ci conduce a una pienezza di vita che ci sarà manifestata. Nessuno “possiede” quella pienezza se non Dio solo. I nostri fratelli musulmani ci aiutano nel nostro pellegrinaggio: per esempio, ci ricordano con i loro richiami alla preghiera (cinque volte al giorno) che dobbiamo rivolgere il nostro sguardo a LUI per seguire la SUA via, non la nostra. La nostra umile presenza rende forse visibili le orme del Pellegrino per eccellenza: Gesù, il figlio di Maria, maestro e modello di umanità. Crediamo di essere veramente un sacramento della presenza di Cristo in mezzo a questo popolo.
Siamo (o vogliamo essere) Vangelo. È vero, non possiamo “predicare” con le parole, ma nessuno ci impedisce di “essere” il Vangelo, di predicare con la nostra vita. È quello che cerchiamo di fare, affinché gli altri, vedendo come viviamo, possano “leggere” il Vangelo di Gesù. Sappiamo che il Regno di Dio è presente tra noi e vogliamo essere una piccola epifania di questo Regno. Crediamo che Gesù va avanti ed è per questo che andiamo incontro a coloro che Dio mette sulla nostra strada, uno per uno, per essere buone notizie di speranza e consolazione. “Seminatori di speranza” vogliono essere i cristiani del Nord Africa.
Come Charles de Foucauld e tanti altri, vogliamo scrivere con la nostra vita la pagina evangelica della “vita nascosta di Gesù a Nazareth” che nella vita quotidiana della casa, con Maria e Giuseppe, stava già salvando l’umanità. La visita di Maria a Elisabetta ci ispira ad andare sempre in salita e incontro ai musulmani per lodare con loro Dio che fa grandi opere attraverso i “piccoli”.
Siamo una chiesa povera, umile e serva: sembra che siamo insignificanti, come una goccia d’acqua in questo oceano immenso. La nostra chiesa è umile, povera, piccola… e forse è proprio qui che sta la sua forza. Ci mettiamo al servizio di tutti, specialmente dei più poveri. Senza mezzi, dobbiamo sempre contare sugli altri per fare qualcosa. Con i musulmani, lavoriamo per aiutare i poveri, i migranti e coloro che sono stati battuti dalla vita a diventare protagonisti del proprio destino. Che dono poter essere poveri con i poveri! Che dono poterli servire mano nella mano insieme ai i nostri fratelli musulmani!
È commovente pregare nelle nostre chiese, sapere che per mille chilometri intorno non c’è nessun’altra messa, nessun’altra azione liturgica nel nome di Cristo. In queste chiese, così spesso vuote, si sente la comunione dei santi. Qui dobbiamo essere un po’ di tutto: contemplativi, caritatevoli, promotori di progetti,… perché non ci sono altri agenti pastorali. Forse siamo chiamati ad essere, come diceva Santa Teresa, il cuore della Chiesa. Un altro privilegio di vivere la nostra fede nel Sahara.
Siamo il “sorriso” di Maria. I musulmani amano e venerano Maria e sono felici quando sanno che anche noi la amiamo. Papa Francesco parla del profilo mariano dell’evangelizzazione. A volte penso che lei, la Madre, ci ha portato nel deserto perché ama molto il popolo musulmano e ci vuole come gesto d’affetto, come sorriso, per loro. Sappiamo anche che come madre ci ha portato nel deserto perché ci ama, ci sorride. Che possiamo essere come il suo sorriso, pellegrini, contemplativi, servitori, in ascolto dello Spirito, seminatori di speranza, ai piedi delle croci dei nostri giorni, aprendo vie di dialogo, di giustizia e di pace per tutti senza tralasciare la tenerezza e l’umiltà, arrivando un giorno ad abbracciare Dio che è Mistero ma sempre Clemente e Misericordioso.”
P. Chico